Comuni e aree urbane: sfide ambientali e ripristino della natura

Comuni e aree urbane: sfide ambientali e ripristino della natura

L’Italia non si distingue per essere un esempio virtuoso nel ripristino della natura, nonostante la sua ricchezza paesaggistica e biodiversità. A livello comunitario, è stata approvata ad agosto la “Nature Restoration Law”, un regolamento fondamentale nel Green Deal europeo. Questo provvedimento si pone obiettivi ambiziosi: recuperare territori e mari degradati, difendere la biodiversità, raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e migliorare la sicurezza alimentare dei cittadini europei. Nonostante l’Italia abbia votato contro questa legge, sarà comunque obbligata ad attuare le norme previste, rispettando scadenze e raggiungendo una serie di obiettivi già entro i prossimi sei anni.

Secondo l’“Atlante dei dati ambientali 2024” dell’Ispra, emerge un dato preoccupante: quasi il 30% dei Comuni italiani dovrà ripristinare le proprie aree urbane a partire dal 2031. Se consideriamo anche le aree periurbane, questa percentuale sale al 40%. Queste zone, comprendendo anche quelle verdi, sono cruciali per migliorare la qualità della vita urbana, ma oggi solo il 2,3% della copertura arborea è collocata nelle città. L’obiettivo del regolamento europeo è non solo di evitare perdite nette di spazi verdi fino al 2030, ma anche di incrementare la loro superficie dal 2031 in poi.

Oltre alle aree urbane, la legge europea impone interventi di ripristino in ecosistemi agricoli, forestali, marini e fluviali. Il rapporto di Ispra segnala che il 23,3% degli ecosistemi italiani soffre di elevata frammentazione, mentre il 17,5% è classificato come altamente frammentato. In linea con gli impegni europei, l’Italia dovrà ripristinare almeno il 20% delle aree degradate terrestri e marine entro il 2050. Il consumo di suolo continua a crescere, con la progressiva riduzione delle superfici agricole e la perdita di biodiversità che aggravano ulteriormente la situazione. La necessità di agire con azioni incisive è ormai inderogabile.

Un altro tema critico è il rischio idrogeologico. L’Atlante dell’Ispra mostra che l’11,8% delle aree con abitazioni, il 13,4% delle aree industriali e il 16,5% dei beni culturali si trovano in zone a rischio inondazione. Il fenomeno è aggravato dall’impermeabilizzazione del suolo e dalla riduzione delle superfici fluviali naturali, aumentando la vulnerabilità agli eventi alluvionali.

In questo contesto, il governo italiano e le amministrazioni locali dovranno affrontare non solo la sfida del ripristino delle aree naturali, ma anche i cambiamenti climatici. L’Atlante segnala come la temperatura media del 2023 sia stata tra le più alte mai registrate, confermando il trend preoccupante del riscaldamento globale. Anche in questo ambito, le istituzioni dovranno prendere misure concrete per ridurre le emissioni di gas serra e mitigare l’impatto del cambiamento climatico, un fenomeno che non può più essere ignorato.

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