Dati ISTAT sull’incremento dello smartworking ed effetti della pandemia sulla PA
In seguito alla pandemia, i numeri dello smartworking sono saliti in ogni azienda, e non fa differenza il comparto della Pubblica Amministrazione. Durante il 2020 la percentuale di utilizzo dello smart working all’interno della PA è salito al 58,9%, contro il 3,6% del pre-pandemia.
I dati raccolti e diffusi dall’ISTAT a fine dicembre 2021 in merito allo smart working e agli effetti del Covid sulla PA, conferma questa crescita, sottolineando i benefici relativi al benessere dei lavoratori che hanno potuto accedere a questa modalità di lavoro. La pandemia ha portato quindi ad un vero e proprio drastico cambiamento sul volto operativo della PA, concentrato in buona parte sul tempo ristretto dei mesi del lockdown. Stando ai dati riportati, com’era facile immaginare, sono stati le PA più grandi e strutturate a rispondere al meglio a questa esigenza, mentre le più piccole ancora arrancano.
Sono le grandi PA a rientrare nello (scarso) 3,6% di utilizzo o sperimentazione dello smartworking già prima della pandemia (tra presidenza del Consiglio e dei ministri al 66,7%, agenzie centrali al 50%, città metropolitane al 28,6%, università pubbliche 27,1%, e giunte e consigli regionali al 25%), in contrasto con l’inesistente o scarso utilizzo di tale modalità da parte dei piccoli comuni e comunità montane. La diffusione del lavoro a distanza era soggetta anche a un divario regionale con il Nord-Est in testa (5%), seguito dal Centro (3,7%), dal Nord-Ovest (3,1%), poi il Sud )2,7%) e infine dalle Isole (2,6%).
In seguito alla necessità di far lavorare a distanza le persone in seguito allo scoppio della pandemia, ha però cambiato le cose, portando lo smartworking ad essere una realtà molto più diffusa e consolidata, con il solo 14,8% dei lavoratori complessivi, tenuti a lavorare in presenza. Al 31 dicembre 2020, il 58,9% dei dipendenti delle PA stava usufruendo del lavoro agile.
Una difficoltà nell’organizzazione dello smartworking è derivato dalla possibilità di fornire la necessaria strumentazione hardware ai propri dipendenti, con una media del solo 47,6%. Anche in questo caso, stando ai dati ISTAT, città metropolitane e amministrazioni dello Stato, hanno registrato i numeri migliori, seguite dagli organi costituzionali e dalle università pubbliche, per poi passare a gran parte delle provincie e delle regioni. La media viene abbassata di nuovo dai comuni, soprattutto quelli piccoli e dagli enti pubblici non economici. Altro ostacolo alla digitalizzazione delle PA, denunciato da diverse amministrazioni (soprattutto di realtà locali con meno di 5.000 abitanti), è la mancanza di formazione in materia di Ict (tecnologie dell’informazione e della comunicazione).
Innegabile è invece il dato sul benessere dei lavoratori, con oltre l’80% delle amministrazioni consultate dall’ISTAT pronte a dichiarare un miglioramento in tal senso. Tale beneficio deriva in un maggior equilibrio tra vita professionale e privata dato dallo smart working.